19/10/09

A CIASCUNO IL SUO


[To each his/her own. Foto di Marzia Poerio]


In A CIASCUNO IL SUO (Torino, Einaudi, 1966), come dichiara l’autore, Leonardo Sciascia, la mafia era diventata ancor più pericolosa perché “totalmente politica”. La connivenza tra mafia e politica era presente, come nella realtà, così nel romanzo, in diverse sue articolazioni. Vediamo di seguito le principali.

Nella storia di Sciascia, il farmacista Manno, nel domandarsi per quale ragione abbia ricevuto la lettera che lo minaccia di morte, per prima cosa pensa proprio alla politica. “Non faceva politica”, dunque non era obiettivo di un omicidio di mafia teso a eliminare personalità politiche scomode. “Il suo voto era veramente segreto”: guai a rivelarlo in un paese di 7.500 abitanti dove si sa tutto di tutti e se si parla troppo ci si espone al rischio di ritorsioni violente.

Conscio di un sistema clientelare che concede favori a chi dà voti e li ritira a chi vota per la parte avversa, Manno vota per diversi partiti: ora per la sinistra (PSI), ora per i conservatori (DC). Questo particolare è un’allusione al trasformismo, ovvero l’indifferenza per ideologie politiche determinate e la condivisione di questa o quell’ideologia, anzi il passaggio dall’una all’altra, a seconda dell’opportunità.

Nell’insieme del romanzo c’è sfiducia nei confronti della politica delle forze governative. La trasparenza di chi, dall’opposizione, agisce nell’interesse dei cittadini (come l’onorevole comunista amico di Laurana) è in contrasto con la gestione del potere a vari livelli di illegalità di stampo mafioso esemplificati dal rapporto gerarchico tra l’onorevole Abello, il notabile Rosello e il sicario Raganà, che rappresentano tre diversi elementi del tessuto politico-criminoso legati al partito al governo. Un brano informa che Rosello ha convinto i consiglieri del suo partito a spostarsi “dall’alleanza con i fascisti a quella coi socialisti”: ciò è quanto fece la DC con la formazione del centro-sinistra tra il 1962 e il 1963; e alludere alla DC significa riferirsi al maggiore partito di potere, in definitiva allo stato stesso. Sciascia riteneva la DC responsabile di una politica staccatasi dall’elettorato e dalla partecipazione popolare e che si serviva delle posizioni raggiunte all’interno dello stato per perseguire interessi individuali e di casta.

Va ricordato che Sciascia era abbastanza gramsciano da sapere che il “pessimismo della ragione” si accompagna all’“ottimismo della volontà”. Una ragione pessimista è capace di vedere con lucidità i mali sociali. Sebbene sia scomparsa la positività del Bellodi del GIORNO DELLA CIVETTA (consistente nel suo proponimento, partito dalla Sicilia, di tornare nell’isola per continuare il proprio lavoro senza lasciarsi intimidire dalla sconfitta subita) e sebbene in A CIASCUNO IL SUO Laurana soccomba, l’argomento stesso del secondo romanzo e i riferimenti alla mafia, alla corruzione (come poi nel CONTESTO) e a una cospirazione tesa verso un colpo di stato costituiscono una denuncia di per sé e un implicito appello che l’ottimismo della volontà dell’autore rivolge ai lettori affinché prendano coscienza e assumano una posizione.

Sciascia difendeva la necessità di vigilare sulla democrazia, di cui dispiegava le disfunzioni e le crisi. Non è che sia poi così difficile vedere, più che le rotture, la continuità con il buio politico attuale in Italia.

Su un piano più strutturalmente testuale, la strategia di cooperazione tra autore e lettore è caratteristica del poliziesco sciasciano. L'autore ricostruisce la complessità della realtà, mettendo in rilievo le contorte maniere in cui l’organizzazione criminosa copre la verità e depista chi la cerca. Il lettore segue questi contorcimenti, identificandosi con un personaggio investigatore che, nel labirinto, man mano dipana i fili per uscirne. Il lettore scopre solo poco per volta come stanno realmente le cose.

I movimenti all’interno di un labirinto sono determinati dal caso oltre che da una strategia: bisogna capire come arrivare all’uscita e per farlo si tentano varie possibilità. La strategia testuale di Sciascia, ricercando la verità, semplifica il caos del mondo; al contempo insinua elementi casuali, elementi di azzardo, ovvero, come leggiamo in A CIASCUNO IL SUO, la “gratuità” con cui talora si presentano i delitti. L’inchiesta di Laurana è effettivamente un rischioso gioco di strategia e di azzardo, paragonabile per questi suoi tratti a una partita a carte, una partita con la morte: “Eccolo lì, quest’uomo riflessivo, timido, forse anche non coraggioso, a giuocare la sua pericolosa carta”.

Il gioco sciasciano del labirinto e delle carte ha dunque come sostrato esistenziale il rapporto tra la vita e la morte. La vita appare un gioco tragico interrotto da morti violente intervenute per calcolo di chi le procura e per infrazione delle regole del gioco da parte di chi le subisce.

Tra le riflessioni sulla morte, si veda in particolare quella di Roscio, per il quale “la morte è soltanto una formalità”, ovvero qualcosa da accettare in quanto inevitabile. Del resto, l’arciprete Rosello conferma: “Di sicuro c’è solo Dio. E la morte”.

Se la presenza della morte è riconducibile alla forza del caso (vi si può incorrere giocando una “carta pericolosa”, come fa Laurana, e dunque esponendosi al rischio che il caso ci favorisca o ci ostacoli), la morte ha anche il carattere di inevitabilità e di certezza unica. La morte è il terreno simbolico su cui si scontrano le forze del caso e della necessità.

La coesistenza delle coppie di contrari integrati ordine e caos, caso e strategia, vita e morte, caso e necessità fanno del giallo sciasciano un giallo simbolico e metafisico. È l’autore stesso a sottolineare gli elementi metafisici di trascendenza verso significati più profondi del conflitto tra investigatori e investigati nel genere poliziesco. Tra i modelli in tal senso, si ricorderà Dürrenmatt.

Il presente coincide con un mondo frammentario, nel quale, come leggiamo nel CAVALIERE E LA MORTE, “ormai tutto è possibile, tutto è credibile” e resta al narratore il compito di “mettere assieme, come scegliendo da un mucchio di pietruzze, quelle che meglio s'intonano: a modo dei mosaicisti”. Il concetto di mosaico era stato preannunciato in A CIASCUNO IL SUO. È infatti da un minimo indizio, da una delle tessere (la parola unicuique), che Laurana formula la catena deduttiva che lo porta a ricostruire la maggior parte del mosaico criminoso, completato poi dall’autore con la tessera dell’omicidio del protagonista. L’immagine delle tessere del mosaico come “mucchio di pietruzze”, dunque numerose e alla rinfusa prima di essere incastonate, insinua l’idea che in un mondo fatto di elementi dispersi, e poco significativi se presi uno a uno, il ruolo del narratore è di scelta e di collegamento dei pezzi per formare un quadro d’insieme che dia un senso alla realtà.

Ad altri livelli del testo, la descrizione dei luoghi e i riferimenti socio-politici sono aspetti del realismo, ma la paradossalità dell’esistenza e dei casi successi a Laurana si possono ascrivere a una mediazione tra realismo e sperimentalismo. A CIASCUNO IL SUO resta conciso come tutto Sciascia (contraddicendo l’abbondanza di particolari di Manzoni), ma non è sperimentale come la suddivisione cinematografica per scene non numerate del GIORNO DELLA CIVETTA o le procedure allusive del CONTESTO, che presuppongono una capacità di intuizione dei dettagli mancanti da parte del lettore.

La letterarietà di Sciascia è riposta in questa complessità di dimensioni. I suoi testi si possono leggere a vari livelli: come romanzi di piacevole lettura, come indagini sul potere e come raffinati prodotti letterari. La nitidezza linguistica facilita la comprensione da parte del lettore anche meno esperto, mentre l’allusività intriga il lettore più colto.


[Roberto Bertoni]