09/03/13

Marco Balzano, PRONTI A TUTTE LE PARTENZE


[On what boat does one leave? Where for? Foto Rb]


Marco Balzano, Pronti a tutte le partenze, Palermo, Sellerio, 2013
Questo romanzo si orienta sociologicamente sulla condizione del precariato italiano, il divario tra Nord e Sud, l’interazione tra italiani ed extracomunitari, la tenuta della famiglia, la crisi della fedeltà tra rappresentanti della coppia, il clientelismo universitario, dando così un quadro generazionale e uno spaccato di vita italiana senza peraltro cadere in rappresentazioni ciniche, lamentose o melense.

Al contrario mantiene un registro di sobrietà, adotta modalità realiste e non iperrealiste, fornisce anche due lieti fine. Uno è quello del rinvenimento dell’amore dopo due delusioni dovute al comportamento libertino delle partner, mentre Giuseppe, l’insegnante precario protagonista, è in cerca, entrato nella generazione dei trentenni, di una famiglia e di un affetto costante, che infine trova all’estero quando, con una borsa di studio post-dottorale fornitagli da un suo ex docente, si reca in Portogallo, infine si fidanza con una giovane affidabile e innamorata e si sposa. Sembrerebbe dunque che venga indicato un porto alla deriva delle passioni disordinate. Il secondo lieto fine è quello della scelta del lavoro scolastico e dell’Italia come punto d’arrivo di un itinerario tormentato e che sembrava non proporre alcuna alternativa. Povertà e indignazione per la situazione da essa creata si convertono in un’accettazione di una sopravvivenza dignitosa.

Il rapporto con la generazione precedente non è di totale incomunicabilità, anzi, pur nelle differenze, c’è stima e dialogo col padre di condizione operaia.

Lo stato del Meridione è rappresentato con mozioni indirette invece che gettate sulla pagina: menù, atteggiamenti di familiari, i discorsi degli amici nel luogo natale.

Rispetto ai migranti, chi scrive queste note ha apprezzato che Giuseppe condivida la casa e la vita quotidiana per qualche tempo, senza esprimere in alcun modo avversione, anzi trattandoli alla pari e in un connubio fondato sull’amicizia, con un cinese e un marocchino. È dal notare le differenze senza trasformarle in alienità che può nascere la comprensione reciproca e la normalità inclusiva dei cosiddetti “migranti” che altro non sono che persone che vivono nello stesso paese di quelle che da lì provengono.


[Roberto Bertoni]