19/08/13

Marina Pizzi, SOQQUADRI DEL PANE VIETO (2010-11, strofe 67-71)


["Blatant greed without help" - that sculpture by the water. (Tuileries, 2011). Foto Rb] 



67.

giù nel silenzio delle mani
resti l’augurio di commettere digiuno
voglia la fune piangere il segreto.
il nudo accordo di tornare ai fianchi
germoglia la voglia dell’amore
gingillo accluso al respiro.
pagine di cipressi starti a sentire
scale che portino vendemmia
per l’arrotino sulla bicicletta.


68.

la risacca del vento nocivo
aggrava le gioie delle foglie.
elenchi del chiodo fisso
appuntare le nuvole sul grembo
borbottare che venga gara
questa stagione di fausto
agrumeto la nenia del bello.
su nel lutto della luna vuota
l’eco del nome genitore
la civica vertigine dell’io.
in mano alla caligine del cerchio
la resistenza del motto di stare.
mansione di approdo averti accanto
sì con me che sono senza nesso
sospiro di avvento intorno intorno.
a me che cruda accadrà la gemma
nella forzata stanza del disordine.
alla sordina il fasto di baciarti
consenta le bravure delle fiabe sparse.
madre ti vedo accomodare il senso
del dondolio del cuore che ti uccide.
urla le grida delle meraviglie
lo spaesato ammasso di conchiglie.


69.

quando in mezzo al cuore l’avaria del tempo
avrà condono con messaggi saggi,
allora metterò il freno a mano
per galleggiare sul grido delle rondini.
il muro della spocchia del gran carcere
porrà la grotta di salvare cuccioli
e libri sul vallone della biblioteca.
qui in dono le cresime di fiori
sismi di risa nonostante il vento
cocciuto oltre l’apice di sé.


70.

con la cosa che costa un’altra vita
vado a seppellirmi.
imperi di caligini gli sfratti
di calunniare la sera senza colori
o musiche di nenia.
le acerbe visibilità del vento
gironzolano le ossa del segreto
il groviglio della voce sasso.
la lapide del greto somiglia la calura
di far lutto la rotta della strada
lo sterminio dei baci che ci furono.
straccia da me il panico del sale
questo cipresso giovane e belloccio
simile al primo sesso giovanile.
i vortici della barcarella sono intùiti
del demone. col genio in lutto lottano
le case il sempre afflitto giovine.
il fatuo udito del mio caso nano
è la nomea di un perno d’occaso
una malia al di sotto del verso.
brancola la tara il perché io sia.


71.

il mio giro sotto il vulcano è cominciato presto
quando alla calca della cenere s’inciampa
palese bramosia senza soccorso.
in una ferraglia di lutto la conchiglia
senza eco. si sta a morire così
senza prestigio d’anima e la cattura
d’orma è evidente. in mano alla gimcana
del silenzio la fanga si fa strage.



[Le strofe precedenti sono sui numeri scorsi di "Carte allineate"]